Prescolarizzazione: effetti molto negativi!

Alfabetizzare i bambini già alla Scuola dell’Infanzia non fa bene. Meglio lasciarli giocare finchè possibile, perchè i benefici registrati nei piccoli allievi scolarizzati precocemente son momentanei e nel tempo possono trasformarsi in svantaggi. O addirittura in danni, disagi in ambito sociale ed emotivo. E’ quanto confermano alcune ricerche.

E’ opinione comune pensare che preparare i piccoli alla scuola elementare già con esercizi durante l’ultimo anno di Materna, anticipare la data di inizio della scuola dell’obbligo, scolarizzarli prima insomma, costituisca un vantaggio perchè dovrebbe prepararli ad affrontare il passo successivo e che faciliti il loro percorso accademico. Nulla di più sbagliato, come noi dell’Albero dei Bambini, infatti, riteniamo da tempo.

Alcuni studi statunitensi hanno messo a confronto scuole materne orientate alla preparazione accademica con quelle basate su gioco, esplorazione, socializzazione e relazione affettiva, scoprendo che i benefici registrati nei piccoli allievi prescolarizzati sono solo temporanei e non costituiscono un vantaggio reale nel tempo.

Esperienze educative non adeguate al livello di sviluppo – si legge – possono causare gravi danni tra cui sentimenti di inadeguatezza, ansia e confusione. Gli esperti sottolineano che un altro punto: nessun dato dimostra i vantaggio protratti di un’alfabetizzazione anticipata mentre ne esistono a favore del gioco libero. Come prevedibile, la formazione anticipata migliora i punteggi ai test specifici in linea con la formazione ricevuta nei campi per es. della lettura e scrittura però i guadagni iniziali si perdono entro i tre/quattro anni e almeno secondo alcune indagini addirittura si invertono. Il dato più significativo è che a lungo termine si riscontrano disagi in ambito sociale ed emotivo. I bambini iper scolarizzati in anticipo risultano tendenzialmente giovani adulti più aggressivi, portai alla lite e al contrasto, poco empatici rispetto a coloro che da piccoli hanno avuto la possibilità di giocare. Il gioco libero infatti permette di imparare a rapportarsi agli altri, di sviluppare modelli di responsabilità personale e comportamento prosociale. Consente di appropriarsi di quelle preziose competenze relazionali indispensabili nella vita. Nelle aule dove si sottolinea la preparazione e si richiedono performance, si sviluppano modelli competitivi orientati alla realizzazione personale, al farsi strada.

Negli anni Settanta diversi furono i paesi, tra cui Germania e Finlandia, che adeguarono le politiche educative al modello di asili nido gioco-orientati, scuola che inizia a sette anni, orari settimanali brevi, ogni ora di lavoro intervallata da 15 minuti di pausa ed educazione prescolastica non obbligatoria.

Dati ci dicono che disturbi d’ansia e depressione infantili appaiono correlati alle pressioni accademiche e alla mancanza di gioco.

“Il gioco è il mezzo naturale per educare sè stessi”, come ci ricorda il Prof. del Boston College, psicologo e biologo, autore del best seller in USA “Lasciateli giocare” edito per Einaudi.

Fonte: Repubblica.it 23/5/2016