LETTERA APERTA AI GENITORI
Cari Genitori,
un paio di considerazioni per tenerci compagnia da “reclusi” quali siamo tutti: sono passate ormai cinque settimane (se ci mettiamo anche Carnevale) in cui gli eventi hanno percorso fasi diverse. Mi riferisco agli aspetti sociologici e psicologici, poiché quelli sanitari restano immateriali e intangibili per chi è a casa propria tranquillo con tutte le sue “zone di comfort”, tra cui in primis la salute.
La prima fase è stata di attenzione alle notizie, segnata a maggioranza da incredulità. La cronaca ci ha investiti mentre eravamo assuefatti ad un’informazione viziata dagli interessi più svariati, menzognera a volte in modo evidente ma molte altre in modo occulto, difficile da smascherare, ci ha resi impermeabili.
Nella seconda settimana lo scetticismo si è radicato in coloro che si ritengono critici, fuori dalla massa, i conformisti dell’anticonformismo mentre negli allarmisti di natura ha cominciato a prendere posto un eccesso di preoccupazione.
Nella terza settimana abbiamo assistito ad un simpatico fiorire di barzellette, virali sul web, ci hanno alleggeriti dai tg ossessionanti, hanno fatto emergere – come sempre la santa ironia – una vitalità, uno spirito, una forza creativa popolare, bella, positiva. Grandi davvero gli autori di tale satira immediata! Nel contempo si sono affacciati alle finestre canti patriottici, i sit-in, le bandiere arcobaleno (dobbiamo fare pace con chi?), i vacui inneggianti “Andrà tutto bene” (10.000 morti): tutti esorcismi dell’incertezza che ci schiaccia, oibò ce ne eravamo dimenticati di questa legge di natura, l’incertezza!
La realtà sanitaria in queste settimane ha viaggiato su binari paralleli, tra vittime e guarigioni: nei primi giorni di epidemia al dio infame si sacrificavano gli ottuagenari, ora grazie al cielo questi sono salvi, trattati come gli altri ammalati.
Nelle prime settimane si è sentita diffusa l’euforia del “nuovo di cui parlare”, si è affacciata sullo scenario la drastica novità che in bocca ai giornali ha dato brio ad un’epoca di passioni tristi com’è (o era) la nostra. Troppi erano gli argomenti vacui, troppe le azioni prive di sostanza e di sana necessità, quest’ultima la sola e potente energia che ha mosso le ruote dell’evoluzione umana per millenni e che negli ultimi 50 anni è stata abolita. Abolita in favore di che? Di rapporti utilitaristici, di corazze fasulle contro l’insicurezza esistenziale, di economia poggiata non più sulla cultura del lavoro, sul valore del “sudore della fronte”, ma sull’alta finanza.
Dalla terza settimana le misure restrittive sono state “militarizzate”, bisogna stare a casa. Tutti. Non solo i “fessi” che obbediscono legalitariamente. Anche i “furbi” devono stare a casa. Ma poiché non si vedono accenni di risoluzione della faccenda, nella quarta settimana siamo entrati nella fase più difficile, quella del crollo psicologico; il repertorio delle storielle da raccontarci è terminato, ora si guarda in faccia la realtà.
Ed è questo il momento di tenere le biglie ferme, cari Genitori, non cediamo all’impulsività, osserviamo una certa disciplina a casa, più forte la minaccia più duro deve essere il coraggio di guardarla in faccia; guardiamo da osservatori, con consapevolezza, le fasi della nostra reazione. Rendiamoci conto che la suggestione collettiva supera la problematica sanitaria e ci impedisce di stare nella contingenza del problema con flemma, con lucidità, in attesa vigile sì ma non affranta dal terrore. Guardiamoci l’un l’altro in famiglia, aiutiamoci a capire dove sta il problema “montato” da chi ha interessi in questo e dove quello vero affrontato dai pazienti, dai medici, dalle forze dell’ordine.
Alcuni di voi mi hanno chiamato scoraggiati, mentre ieri scherzavamo tutti. Continuiamo a tenerci in contatto, a essere vivi, diamo senso al cambiamento che sta avvenendo, nostro malgrado, cerchiamo il “tesoro nascosto”, per quanto piccolo possa apparire, ora, rispetto alle perdite.
Francesca Corbella