I CONFLITTI CHE SERVONO AGLI ADOLESCENTI PER CRESCERE

di Francesca Corbella – Formazione CPP Piacenza

Come i bambini piccoli hanno bisogno di autoaffermarsi durante la famigerata (per i genitori) “fase del no”, così gli adolescenti hanno il fisiologico bisogno del conflitto per emanciparsi dall’infanzia, cui è legato il rapporto di accudimento originario, ed affrancarsi dalla dipendenza genitoriale divenendo autonomi.

Parliamo qui di questi ultimi.

Per capire gli adolescenti bisogna riconnettersi alla propria adolescenza: quell’età di trasformazione, di metamorfosi, di sperimentazione. E’ un mondo che si allarga davanti ai loro occhi quello che dà eccitazione ma anche turbamento nell’età di mezzo tra infanzia e adultità, dove si entra con molte illusioni e si assaggia la realtà esterna con disillusioni cocenti.

Le prime parole che vengono in mente quando si dice adolescenza sono: irrequietezza, voler uscire di casa, strappare i legami precedenti, claustrofobia genitoriale, valori passati troppo stretti, inquietudine, lunghi silenzi, domande rimuginate senza risposte, sguardo perso nel vuoto, musica, confidenze e amicizia, nuovi credo, ricerca di riferimenti diversi.

Ci sono elementi che si incontrano durante l’adolescenza che segnano all’improvviso una svolta evolutiva, prendono il sopravvento sui valori precedenti. Sono come folgorazioni. L’animo dell’adolescente è all’erta, estremamente ricettivo, benchè non mostri di esserlo nell’apparente indolenza.

La ricerca dell’anticonformismo è contraddetta dalla più gregaria conformità: l’adolescente sta nel gregge, in un modo irrequieto o irruento ma si identifica col gruppo. E’ l’età in cui si cerca il riconoscimento sociale e dove il senso dell’inadeguatezza è fortissimo.

Displeased female student bullied by her classmate standing alone in a hallway.

Generalmente tutti i conflitti dell’età vengono fatti confluire nell’inascolto genitoriale, nella famiglia va a finire tutta le mancanza di ascolto del mondo, che non è più il mondo bello e buono dell’infanzia ma è brutto, cattivo e da rifare. Perchè a farlo sono gli adulti e a rifarlo, migliore, sono le nuove generazioni.

A young girls meets with a therapist to discuss her struggles, addictions and mental well being

Contemporaneamente il ragazzo cerca confini allargati, introspettivi, cosmici, si avvicina a una spiritualità diversa, mette in dubbio le consuetudini della sfera famigliare.

Il desiderio di indipendenza non deve indurre il genitore ad allentare la presenza: può convogliare il giovane verso esperienze di gruppo come gli scout, gli sport di squadra con ritiri settimanali o i centri di escursionismo, stage musicali, teatrali e quant’altro. Questi centri di aggregazione permettono ai sogni adolescenziali, alla tipica estraniazione, all’altalena emozionale, alla rabbia, al ripiegamento interiore di essere assorbiti, condivisi, e circoscritti in un ambiente protetto che offra dei poli direzionali positivi, lontani dalla solitudine e dall’incomprensione.

A casa questo è un po’ più difficile. E’ qui che si creano conflitti.

Ma i conflitti, come abbiamo detto in premessa, sono utili e fisiologici. Se gestiti con consapevolezza naturalmente e se non diventano scontri a fuoco simmetrici.

Fino agli anni ’60 la famiglia era di tipo etico-normativo ovvero connotata da severità e distacco nelle relazioni genitori-figli, il padre comandava con rigore, era figura esemplare, dettava le regole e andava riverito (addirittura con il Voi). Alla madre era deputata tutta l’organizzazione famigliare.

Ora la famiglia è cambiata sotto il profilo socio-culturale e antropologico, prima era patriarcale allargata, oggi è nucleare ristretta. L’autoritarismo è stato eliminato in favore della famiglia affettiva dove si cerca l’armonia delle relazioni e il paradigma del figlio felice, non da educare o correggere bensì da capire e assecondare. Oggi si argomenta coi bambini su tutto, tutto viene condiviso perchè non si sopportano le frustrazioni dei divieti e dei limiti, si desidera il consenso in un’economia di godimento di tutti i membri della famiglia, con adulti parificati nel mito dell’eterno giovane schiacciato sull’adolescenza (sindome di Peter Pan) e con il risultato di ragazzi che perdono il punto di riferimento dell’adulto per entrare in tendenze simbiotiche col genitore; spesso si verifica anche la supremazia del figlio sul genitore.

Reciprocità e dialogo sono valori fondamentali in una relazione tra pari, ma tra figli e genitori il rapporto è intergenerazionale e pertanto il conflitto è più sano perchè attesta la verità della relazione stessa e la capacità autentica di stare nelle relazioni ancorchè oppositive e contrastate.

Il conflitto coi figli adolescenti è faticoso ma è necessario per il ragazzo per allontanarsi e crearsi basi autonome. Non si tratta quasi mai di rottura definitiva con la famiglia. Una ricerca sociologica de Il Mulino, 2006, attesta che il 72,9% dei giovani resta orientato ai valori famigliari anche nella vita adulta, senza quindi cesura netta e anzi con la permanenza di un forte aggancio.

Per comprendere bene gli adolescenti bisogna anche sapere come funziona il loro cervello e a che punto è della maturazione: il cervello è estremamente plastico, per tutta la vita va modificandosi in base alle informazioni che riceve dall’ambiente, in un movimento continuo connesso con le sinapsi, a loro volta in evoluzione permanente. L’educazione è ciò che permette al cervello di diventare più efficiente.

Pertanto dobbiamo smetterla di considerare il nostro figlio adolescente spacciato perchè ha preso un 3 e lascia tutti i vestiti sparpagliati per terra! C’è sempre speranza, lo dicono le neuroscienze!

In aggiunta a ciò dobbiamo considerare che a 14 anni:

1) il sistema limbico – che presiede alle emozioni, all’eccitazione, agli sbalzi d’umore (legati anche alla parziale mielinizzazione delle fibre nervose), all’imprevedibilità – è iperattivato ;

2) il rilascio della dopamina, l’ormone della gratificazione e del piacere per cui si nota l’attaccamento al divano o al letto (gli sdraiati) o allo smartphone e altre dipendenze – è eccessivo;

3) la corteccia prefrontale, quella parte del cervello che gestisce la pianificazione, l’organizzazione, l’inibizione, la capacità di decidere e il controllo, è incompleta (si completa intorno ai 20/25 anni).

Nonostante il cervello dell’adolescente sia pertanto fisicamente immaturo, l’età tra gli 11 e il 18 anni è molto creativa. Si tratta quindi di cogliere le potenzialità e non solo di sottolineare le mancanze come fossero un dispetto che il figlio opera nei nostri confronti!

Che fare però? Vediamo qualche suggerimento.

Portrait of father and son bonding in a living room.
  • Stare a osservare e non avere fretta di dare risposte sull’onda dell’agire d’impulso, procedere con gradualità e riflessione strategica;
  • portare il giovane ad attivare la propria corteccia prefrontale e non sostitursi a lui giudicandolo incapace di;
  • avere un attitudine sempre maieutica, ovvero porgli domande aperte, inviti, (Come intendi organizzarti domani per lo studio?, sai che dobbiamo andare dal dentista), e non fare domande di controllo o di sfiducia (Naturalmente non ti sarai portato avanti con i compiti, lo sapevi che dobbiamo andare dal dentista)
  • stare nel conflitto vuol dire non rispondere in modo simmetrico (che inevitabilmente conduce ad affermazioni stigmatizzanti) ma gestire la rabbia, farla sedimentare e poi rispondere da adulto, non da pari a pari;
  • i contenuti espliciti del conflitto non corrispondono ai significati profondi (bisogni di autonomia, riconoscimento, solitudine, vissuti emotivi ecc.) e sono questi ultimi a dover essere capiti; se mi fermo ai contenuti espliciti posso pensare che mio figlio ce l’abbia proprio con me, invece è il cambiamento che sta attraversando a turbarlo;
  • separare il proprio vissuto da quello dell’adolescente, lavorare su di sè per evitare la proiezione delle nostre esperienze dolorose sul figlio;
  • ricordarsi che il nostro codice di ragionamento è quello di un adulto, il ragazzo ha 30 anni meno di noi!
  • educare alla giusta distanza, rispettare i ruoli, evitare la confidenza ad ogni costo (la mamma amica, il papà giocattolo) perchè creano una dipendenza vischiosa, non consentono al figlio l’allontanamento e acuiscono la ribellione;
  • avere coerenza educativa nei principi, che devono essere condivisi e offerti al ragazzo con coesione tra i genitori;
  • molto importante è il codice paterno che entra in gioco in adolescenza offrendo una sponda educativa, una resistenza flessibile, non rigida ma in grado di negoziare le regole e nel contempo presidiarle; il codice materno (accudimento) non serve più;
  • non prendere alla lettera i contenuti verbali che l’adolescente tende ad enfatizzare con accuse provocatorie (siete i genitori peggiori che abbia mai incontrato! Se continui me ne vado di casa! Voi mi rovinate l’esistenza!) e non rispondiamo mai per le rime;
  • non mortificare con urla, epiteti e ordini perchè si ottiene unicamente il troncare la comunicazione e ottenere il mutismo; in questo caso è meglio ascoltare senza commenti o giudizi.