I BAMBINI E LA BELLEZZA

di Francesca Corbella

Dalla mia esperienza come mamma, come educatrice ma soprattutto come osservatrice e testimone di me bambina, non posso non ritenere la bellezza completamente sintonica con la prima infanzia. Il bambino è in una fase dove spalanca gli occhi sul mondo, un mondo dove lui entra preso per mano da mamma e papà e poi dagli insegnanti. La prima infanzia è un’età dove l’esperienza del mondo – il nido, la scuola dell’infanzia, i pari, pochi altri adulti di riferimento del bambino – è incoraggiata dall’affettività di cui il bambino è circondato. Per cui il paradigma è: se il mondo mi ama allora io posso amare il mondo. Mancando questa cornice affettiva diventa difficile ogni apprendimento perché il bambino impara ad essere diffidente di qualunque cosa rappresenti l’altro da sé, siano altri oggetti ed esperienze siano altri esseri umani, bambini e adulti. L’affettività fa sì che al bambino arrivi il messaggio di “mondo è buono”.

Nella fase successiva, si parla sopra ai 6 anni e fino a 11/12 la preadolescenza, l’assioma è “Il mondo è bello”: il bambino scopre la bellezza della natura e delle arti, diventa sognante, vuole disegnare, suonare uno strumento, fotografa fiori e tramonti. E’ questo il momento di mettere questo seme che darà frutto per tutta la vita successiva.

Segue la fase dell’adolescenza piena in cui il ragazzo constata che il mondo non è solo bello ma anche pericoloso. Impara a conoscere realtà meno buone, esistono i risvolti oscuri di cui prendere atto e guardarsi. In questa fase si elaborano le paure, che diventano fobie se non gestite oculatamente dall’educazione consapevole.

Alla fase del “mondo non è così buono e bello” seguirà la fase di rottura: “Il mondo è da cambiare (e lo cambio io!)”, quindi la fase di rivoluzione dal modello famigliare, di presa d’atto che la famiglia ha dei limiti perché sta nel solco del mondo vecchio e non cambiabile, sorgono le incomprensioni e le autoaffermazioni di sé.

A finire (anche se fine non c’è nella crescita dell’individuo) segue la fase del “Papà avevi ragione, dammi un consiglio”.

Va tutto bene, è tutto nella norma evolutiva umana.

Ma andiamo a vedere specificamente la nostra fase della bellezza. Vediamo soprattutto perché è così importante.

Alla luce dei tempi nostri, dove a ben vedere di bellezza non se ne vede molta all’orizzonte, se non con un canocchiale da Capitano Ackab, quello di Moby Dick!

Intanto cosa intendiamo per bellezza: tutto ciò che contraddistingue lo spirito dell’uomo (unico tra gli esseri viventi) teso verso il divino, per il tramite del quale l’umanità ha costruito un immenso patrimonio di beni tangibili, visibili e spirituali che lo hanno elevato sulla piccolezza e finitezza della vita, intesa come transitorietà puramente biologica e materiale.

La bellezza è tutto ciò che è capace intrinsecamente di opporsi alla bruttura. E’ sempre fondamentale, e in questo momento storico lo è massimamente, tenere i bambini nella bellezza. Occorre uno sforzo non da poco poiché da civiltà decadente che siamo, in caduta libera e senza freni, le immagini che ci sorgono agli occhi 24h sono di squallore, di cupezza, di tristezza profondi da cui è arduo riscattarsi. Ci si alza la mattina già stanchi con occhi e orecchi pieni di notizie infauste e poco incoraggianti.

La bellezza è l’estetica, è la natura tout court. La natura in tempo di covid procedeva imperterrita nella sua rinascita primaverile, ora in tempo di guerra procede imperterrita nel dare al mondo il suo messaggio di vita e di pace. Raccogliamolo! Portiamo i bambini nella natura, facciamo loro apprezzare questa bellezza sapendo che nel loro inconscio lavorerà come messaggio di pace. Se c’è amore in un cuore, questo lavora affinchè la vita non venga distrutta o umiliata. Ma questo amore va coltivato dai primi mesi di vita.

La bellezza ha il potere di imporsi da sé. Perché ha la forza di uscire dall’ordinario e di attirare su di sé l’attenzione. Davanti a un tramonto non si può restare inerti, lo si fa entrare dentro, diventa parte dei nostro sentire. E lo volgiamo condividere; la bellezza si comunica da soggetto a soggetto con una sorta di tacito passaparola.

Prendete la bellezza dell’arte, la poesia, pittura, scultura, musica, cucina, architettura e quant’altro: essa confligge con il nichilismo, da nihil = nulla, ovvero il professare il nulla, il sentire il nulla. L’arte invece ci dà da direzione dello stare sopra, dell’andare oltre l’ordinario, di colmare questo nulla con la sacralità. Costituisce l’unico positivo in grado di contrastare il vuoto del nichilismo di cui in questa nostra epoca di “passioni tristi” siamo circondati.

E’ in questa dimensione di pieno che dobbiamo far crescere i nostri bambini, il bello diventa un contenuto interiore, una spada per affrontare e sconfiggere le influenze che rifiutano la positività.

E qui vengo a farmi soccorrere nell’analisi del filosofo giovanissimo Andrea Meneghel, veneto, classe 1998. Lui dice:

“Il male è un’eclissi del positivo e noi dobbiamo non chiuderci alla speranza, al costrutto del bello.

Il bello si costruisce e ci costruisce. L’arte e la natura sono rappresentazioni metaforiche della bellezza che edifica sé stessa con la ricerca della verità. Ecco perché la bellezza è la forma della sostanza, perché contiene l’autenticità e la verità. Spinge via la deriva del brutto”.

La nostra è un’epoca di degenerazione morale ma anche estetica, non a caso anche le arti sono meno feconde rispetto al passato. La ragione di questa sterilità è da imputarsi alla tecnologia. La tecnologia ha portato una enorme semplificazione, ma se da un lato questo è stato un vantaggio dall’altro ha isterilito la creatività e tutto ciò che è il progetto sociale buono, che ambisce al miglioramento attraverso l’ordine, il giusto, il fiorente, il democratico, il meritorio.

“La bellezza è l’essenziale, ciò di cui anche il bambino si sostanzia, perché in essa anch’esso trova un ordine teoretico. In essa esiste sempre una tensione, un moto attivo verso il polo positivo, che va a contrastare la stasi in cui noi versiamo. Anche la condizione dello stare, se non è progettuale (ovvero il giusto riposo prima della partenza o ripartenza di un progetto), allora è privo di prospettive. Diventa quindi una negatività. La tensione verso il bello è sempre costruttiva, mai inessenziale, perchè tende all’appagamento”.

Oggi invece stiamo, ci intratteniamo, senza nutrire la nostra parte animica, ci saziamo superficialmente di divagazione, di intrattenimento, di consumistica vacanza (nel senso di assenza, da noi stessi). Quando invece siamo al cospetto dell’arte o della bellezza la tensione è attivata, ci proietta verso l’appagamento profondo, interiore, non semplicemente stiamo al cospetto del bello, davanti ad un quadro, ma ci lasciamo permeare, ne veniamo fuori arricchiti.

Ecco che senza che lo vogliamo in noi si offre subito un’alternativa al vacuo o al negativo per arricchirci di quelli che sono i veri fondamenti dell’essere esseri umani.

L’arte e la bellezza quindi ci aiutano a dare significato alla vita, ci fanno capire che c’ è una via praticabile lontano dalla violenza, dall’ingiustizia e dal sopruso, per accedere ad uno status di libertà di pensiero, di indipendenza e di ricerca del vero, di ragione critica.

L’arte in adolescenza aiuta ad uscire dallo stato infantile dell’autoreferenzialità, dobbiamo rivolgerci al bello se vogliamo ancora poter tessere l’elogio dell’uomo che sa circondarsi di bellezza per sconfiggere la turpitudine, l’abiezione. La bellezza è sostanzialmente la natura di Dio che sta in tutte le forme di vita. Ed essendo la natura di Dio si impone con la sua universalità potente che ci richiama, ci pone con umiltà e dubbio davanti ad essa, ci obbliga a provare stupore, amore, a farci muovere verso una dimensione non più cinica e bestiale ma metafisica, alta, che ha in sé ben chiaro il senso del bene e del male della nostra coscienza. Ed è con questa coscienza del bello che si è fatto il mondo. Salviamola! Salviamolo!

Francesca Corbella