EDUCARE I BAMBINI AL CORAGGIO

di Francesca Corbella

Ho sempre scritto in merito alla bontà dell’educazione al rischio, sostenendo a spada tratta che l’eccesso di sicurezza, oltre ad essere una menzogna (la vita NON è MAI sicura!) aumenta e genera di per sè paure ed incertezze. Questo viene prepotentemente d’attualità e si conferma nelle vicende che stiamo vivendo.

In educazione l’iper protezione è paragonabile all’ossessione di sicurezza cui dobbiamo soggiacere per imposizione delle legislazioni vigenti. Così anche noi, condizionati, per il terrore che il bambino possa morire gli vietiamo di vivere.

Quando il genitore si rende autonomo dal bambino, questo inizia a crescere veramente. Gesù diceva che il maestro ad un certo punto deve “diminuirsi” per lasciare spazio all’allievo. Per la madre è molto difficile capire questo concetto, poichè ella ha in sè l’istinto di protezione. Molto spesso però questo istinto primario e fondamentale per la sopravvivenza del piccolo, viene protratto a oltranza. Il bambino reclama autonomia a gran voce nelle più svariate maniere tipiche della sua personalità ancora grezza e maldestra, ma il genitore ha più a cuore la propria tranquillità.

Alcuni bambini, frustrati dal non poter conoscere il mondo e provare a fare da sè si ammalano di disistima: “Se mia mamma me lo impedisce vuol dire che non mi ritiene capace, io non valgo niente!”. Il bambino si sarà risparmiato un graffio sul ginocchio ma non avrà imparato a salvaguardasi andando in bici.

L’autonomia è un processo circolare dal genitore al bambino e viceversa. E’ una comunicazione senza parole che nasce dall’osservazione e dalla consapevolezza, è un cammino di crescita che si fa in due.

Educazione al rischio vuol dire dotare il bambino della capacità di tenere sotto controllo i propri limiti e sviluppare le proprie competenze; l’educazione al coraggio consente alla persona di dominare gli uni e sfruttare le altre come una risorsa nel momento del bisogno. Solo l’esperienza diretta durante l’infanzia e l’adolescenza può fornire questo potenziale.

Quando parliamo di rischio non intendiamo ovviamente lasciare che il bambino si metta a repentaglio (una volta per insegnargli a nuotare li buttavano in acqua dove non si tocca!) bensì invitarlo a sperimentare le proprie abilità ed accrescerle con la vicinanza partecipe dell’adulto.

Nella differenza tra rischio e coraggio, in questo momento storico possiamo individuare nel secondo la risorsa che ci è maggiormente utile. L’educazione al coraggio viene in soccorso come una corazza che ci è stata fornita da piccoli e che ci consente di vedere chiaramente la nostra paura e di affrontarla. Il coraggioso infatti non è il cavaliere senza macchia e senza paura delle leggende di Re Artù (per quanto abbiamo amato follemente questi personaggi), ma è colui che vede in faccia la propria paura e la affronta.

Il bambino che è stato lasciato salire su un muretto a due anni, che ha scoperto l’equilibrio nell’arrampicarsi su un albero a cinque, che ha manipolato un martello e chiodi a sei, che è stato mandato a comprare pane e latte da solo nel negozio sotto casa a 8, che ha beccato un temporale insieme alla mamma che si è messa a ridere anzicchè a piangere… probabilmente maturerà meno paura del covid19 di uno a cui le previsioni del tempo sono state presentate con tono di scoppio della Terza guerra mondiale.

La vita, biologica anzitutto, ma anche psicologica, lavorativa, sociale e, ovviamente, sanitaria, non è sicura. Le regole attuali sulla sicurezza che impongono per legge lacci e lacciuoli ogni dove impedendoci di vivere, offrono una realtà falsata e irrealizzabile. E inducono a dubbi e titubanze.

In questi mesi di “clausura” forzata, dove quindi siamo sicurissimi tra le mura domestiche, aumentano le ansie dentro di noi. Il mondo fuori ci appare spaventoso. Ma le minacce c’erano anche prima del coronavirus. E ci saranno anche dopo.

L’educazione al coraggio parte dalla consapevolezza che la vita va accolta per quello che porta ed elaborata senza sotterfugi se porta qualcosa che ci ferisce. Il traguardo è saper trovare soluzioni fuori da sè e dentro di sè proprio agli eventi disarmanti. Sono questi che ci fanno crescere, poichè i momenti felici, come sappiamo, vengono capitalizzati molto meno di quelli infelici.

Ciò che mettiamo veramente a frutto – aimè è proprio così – sono le aleatorietà ed imprevedibilità della vita, maestre preziose.

…Fate salire i bambini sui muretti a due anni!