L’ODIO

L’odio è il contraltare dell’amore, un sentimento umano che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia. Quando si odia si ha la percezione della sostanziale “giustizia” della distruzione dell’oggetto detestato: chi odia sente che è giusto annientare ciò che odia. Si parla di oggetto odiato anche nel caso di persone, che vengono considerate oggetti dell’odio e non più soggetti umani pari a noi.

L’odio è una capacità innata di provare sentimenti negativi e in quanto tale naturale, e pertanto accettabile quando connotata di ira, rabbia, frustrazione, sfogo, ma il termine odio riassume in sé il senso più estremo del rifiuto verso cose o persone. A differenza dell’amore che viene espresso per volontà, l’odio invece può emergere malgrado la volontà. Comunemente si contrappone all’amore e di fatto i due sentimenti possono essere accostati per intensità e impeto.

Il sentimento di odio svolge un ruolo, spesso fondamentale, nelle dinamiche della formazione dell’unità di un paese. Da sempre una civiltà, società o gruppo  di qualsiasi genere e natura, hanno trovato nel nemico comune il cemento delle proprie interrelazioni. Basti guardare come quasi tutte le civiltà abbiano un nemico storico, che è servito a rafforzare la coesione sociale di una nazione, soprattutto in situazioni di pericolo o guerra.

L’odio trova spazio anche attraverso i nuovi media, grazie a strumenti comunicativi molto pervasivi e assolutamente disponibili. Rispetto ai media tradizionali, lo strumento di Internet facilita l’espressione di odio.

Questi fattori hanno portato all’emergere di un fenomeno sociale di diffusione del risentimento, che si scatena sui tradizionali temi della politica, della sessualità, del razzismo, della religione, ma che talvolta allarga i suoi  perimetri all’assurdo come quando è sufficiente una frase pronunciata da qualche personaggio in televisione a far scatenare commenti ostili sui social network.

L’odio pour parler è un tema costantemente al centro dell’attenzione della comunicazione sia individuale sia collettiva, dallo sport ai luoghi di ritrovo, alle appartenenze sociali, alla politica internazionale ma questo genere è più sfogo e indignazione, fastidio, contrarietà, avversione, insofferenza. Da distinguere bene da quello che si scatena brutalmente a livello domestico o in altri ambiti dove si manifesta in maniera tanto silenziosa quanto tragica fino a manifestare tutta la sua potenziale distruttività.

L’odio può essere freddo, programmato nella sua attuazione, come avviene ad esempio nella modalità persecutoria degli stalker, negli atti di terrorismo meticolosamente pianificati, nelle vendette consumate lentamente a distanza di anni; anche qui occorre distinguere bene la semplice contrarietà dall’impeto avverso che può essere espresso in maniera emotiva, impulsiva, specie se unito all’ira, quello che nasce da una tristezza presente nell’animo per un danno subìto o per la perdita di un bene ritenuto importante per sé, l’odio animato da una richiesta di giustizia, dove viene a mancare la capacità di autocontrollo e di ponderazione (si parla infatti di odio cieco).

Oggetto dell’odio possono essere le capacità e le eccellenze altrui quando vengono percepite come una minaccia alla propria dignità e al senso di sé. La stessa bellezza può essere considerata offensiva per chi se ne ritiene privo.

Esiste anche il legame forte tra l’odio e l’invidia. Ciò che li accomuna è la ricerca del male altrui: nel caso dell’invidia, si vuole la distruzione di un particolare bene che fa sentire inferiori o inadeguati, mentre l’odio tende alla distruzione totale.

Ciò che viene ampiamente utilizzato in sede politica è che l’odio (inteso come un mix di timore e rancore), può essere instillato in altri, a livello individuale o di massa, generando un’ideologia dell’avversione, accompagnata cioè da un giudizio sull’entità di ciò che si avversa, considerato in maniera unilaterale, come male in sè stesso.

L’odio è un amore disatteso, nella lotta ontologica del bene sul male, il male è più emotivamente impressionante. Il male fa più notizia del bene, richiama maggiormente l’attenzione, mentre il bene è discreto, nascosto, legato alla silenziosità dell’essere. Il male è uno squilibrio che chiama forze risolutive, che muove energie contrastanti ma potenti, mentre il bene si sostanzia da sé, non ha bisogni.

Ma perché si teme così tanto l’odio? Il fatto che l’odio faccia inorridire spiega non solo la potenza, ma anche la falsità dell’odio, perché impedisce ogni confronto umano, azzera ogni verità obiettiva

Le rappresentazioni legate all’odio tendono a essere unilaterali, dividono la narrazione in valutazioni nette e opposte, in termini di buono/cattivo, giusto/sbagliato. L’incapacità, in sede di giudizio, di cogliere le possibili sfumature (che caratterizzano ogni persona e accadimento) e di entrare nella complessità senza la separazione netta tra il bene e il male, considerando l’offensore come totalmente cattivo senza riconoscere possibili attenuanti  In tal modo l’altro viene svalutato fino a diventare non umano, un «mostro» indegno di vivere. Da qui la falsità di tale narrazione. Quanto più invece si entra nella complessità, tanto più difficile diventa odiare.

La sua forza è anche la sua debolezza, perché, come si è notato, esso si basa su una menzogna, su una distorsione valutativa: la considerazione dell’altro in termini di male assoluto, rifuggendo la complessità e quindi la sua effettiva realtà. Smontare questa costruzione illusoria è uno degli antidoti più efficaci nei confronti dell’odio.

Un’altra menzogna ricorrente è di ritenere che, diversamente dall’amore, l’odio consenta di prendere le distanze dalla sofferenza. In realtà esso, distruggendo il bene, corrode interiormente chi lo coltiva, rendendolo prigioniero di ricordi esasperati che si ingigantiscono con il tempo, fino a diventare una ossessione che non dà pace. La frustrazione provocata da questo vuoto genera ulteriore sofferenza, che a sua volta incrementa l’amarezza e la voglia di rivalsa. Da qui il circolo vizioso che caratterizza l’odio, e l’attrazione che esso suscita: «L’odio incatena l’individuo all’oggetto, così che, anche quando quest’ultimo muore, le catene restano.

L’odio esprime le sue maggiori potenzialità distruttive non a livello pulsionale (piuttosto breve, anche se intenso), ma soprattutto a livello culturale, quando viene sistematicamente coltivato, instillato, fino a rimanere impresso nell’immaginario collettivo. In tale contesto, la distruzione viene presentata come un valore da raggiungere, attraverso una lotta, difficile ma necessaria, per il bene comune. È quella che viene chiamata la «dimensione idealistica dell’odio». Le ideologie sono alla base della maggior parte degli stermini compiuti nella storia. Ciò che li accomuna è la giustificazione della distruzione, intesa come il prezzo da pagare per affrettare la realizzazione della società perfetta. L’odio assurto a ideale diventa così una valanga inarrestabile, che finisce per divorare i suoi stessi figli, ovvero la fine che fanno i totalitarismi.